Il grande sogno
foto di Gian Luigi Gargiulo
Napoli 1970-1975
(c) Musica
1965: Barry McGuire - Eve Of Destruction
Testo e musica di P.F.Sloan
1970: Pino Masi - L'ORA DEL FUCILE
Testo Pino Masi,Piero Nissim e Giovanna Marini
musica di P.F.Sloan
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'Io presi le pizze e tornai a casa'
Ormai Michele Florino è senatore da sei legislature di Alleanza
nazionale, ha 65 anni e si definisce un politico «moderatissimo».
All' epoca dei fatti di mestiere era tipografo, abitava come oggi in
via Cesare Rosaroll, era il segretario della sezione del Msi "Berta"
di via Foria. Fu lì che alle 23,30 del 17 giugno 1975, una ragazza
non ancora ventenne, geometra diplomata che abitava vicino a Porta
Nolana, con la mamma casalinga e il papà cuoco del ristorante "Mimì
alla ferrovia", si trasformò nella vittima innocente dell' odio
politico. Si chiamava Iolanda Palladino.
Una bottiglia incendiaria centrò la Fiat 500 di Iolanda, lei per
puro caso inserita nella colonna di auto che sfilava per festeggiare
la vittoria della sinistra alle elezioni amministrative. La capote
prese fuoco e poi anche tutto l' abitacolo. La giovane divenne una
torcia umana. Trasportata d' urgenza al Sant' Eugenio di Roma, morì
quattro giorni dopo tra sofferenze indicibili. Il leader missino
Giorgio Almirante si dissociò dalla violenza e dispose: chiudere la
Berta e destituire il suo segretario Michele Florino. "L' Unità",
organo del partito comunista, scrisse di lui: «Collegato a
personaggi dello squadrismo napoletano, pochi concetti chiari: odio
dei rossi, esaltazione della violenza, ribellismo alla classe
dirigente». La federazione del Msi fu commissariata. Fiori bianchi e
slogan antifascisti: ai funerali di Iolanda Palladino nella chiesa
del Carmine si raccolsero 30 mila persone, studenti, lavoratori,
operai dell' Alfasud e di tutte le fabbriche napoletane. Sandro
Pertini, presidente della Camera, le rese omaggio all' obitorio di
Roma. Il presidente della Corte costituzionale, lo stabiese
Francesco Paolo Bonifacio, scrisse un telegramma: «Iolanda,
innocente vittima di un odio politico che non ha nulla di umano». I
"neri" della Berta affissero uno striscione in via Foria. Diceva:
«Solo Iddio può piegare la volontà fascista, gli uomini e le cose
mai». Si era votato il 15 giugno. Per la prima volta nella sua
storia, il Pci aveva conquistato la leadership in città con oltre il
35 per cento dei voti e Maurizio Valenzi di lì a poco sarebbe
diventato sindaco. L' entusiasmo fu lacerato da quell' assassinio.
Secondo l' ufficio politico della questura di Napoli, guidato da
Filippo Ciccimarra, il piano era stato preordinato e organizzato nei
dettagli. Abdon Alinovi, allora segretario regionale del Pci,
ricorda: «In quella sezione, ai confini con il quartiere della
Sanità, c' era un nucleo violento, di veri e propri assalitori,
squadristi terribili». Il 23 giugno venne arrestato per omicidio
Umberto Fiore, anche lui 20 anni, iscritto alla Berta. Si era
rifugiato a Ischia, dove d' estate faceva il cameriere in un bar. Si
autoaccusò dell' uccisione, dicendo che aveva agito «non per colpire
ma per intimorire». Venne condannato il 7 luglio 1977 dal tribunale
di Roma, con l' attenuante della preterintenzionalità, a sei anni di
carcere. Finito alla sbarra per favoreggiamento, Florino venne
assolto. A distanza di 30 anni Florino, seduto nel suo studio di via
Rosaroll, riannoda i fili della memoria e racconta. «Quella sera
chiesi al custode di chiudere presto la sezione perché era probabile
che con la vittoria potessero esserci delle provocazioni. Risulta
dagli atti giudiziari. Purtroppo in via Foria si erano concentrati
gli attivisti di molte zone di Napoli per scontrarsi con gli
estremisti di sinistra. Invitai i miei ragazzi ad andare via per
evitare incidenti. Presi le pizze e salii a casa, alla tv
trasmettevano "Giochi senza frontiere". Il mattino dopo comprai il
giornali e lessi la notizia. Dissi: caspita, che guaio hanno
combinato. Non andai al funerale di quella poveretta, sarei stato
linciato. Per capire quel clima dovremmo riscrivere la storia degli
opposti estremismi, fare un riesame degli anni Settanta, perché
allora gli strateghi in alto decidevano tutto, strumentalizzavano e
questo sfuggiva ai giovani, compreso il sottoscritto. In quell'
epoca Massimo Abbatangelo era il "mazziere", gli altri capi erano
Italo Sommella e Salvatore Caruso. Io vivevo un po' ai margini e non
mi piaceva scontrarmi, lo facevo solo per legittima difesa». Si
ferma, poi riprende: «Eravamo ragazzi passionali, non rozzi, ma
certo non intellettuali, avevamo una preparazione politica sebbene
non tesa a rovesciare il sistema. Sì, meno intellettuali di quelli
di sinistra. Qualche mese fa le dichiarazioni di Lollo hanno
riacceso i riflettori sul rogo di Primavalle sul quale non è stata
fatta ancora chiarezza e io ho un ricordo amaro per queste vittime,
di destra e di sinistra, e di quella povera, sventurata ragazza...».
(c) PATRIZIA CAPUA
ARCHIVIO LA REPUBBLICA DAL 1984
'Io presi le pizze e tornai a casa'
Repubblica — 21 giugno 2005 pagina 1 sezione: NAPOLI
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