2007 - "Omaggio a De Chirico" 

 

 

 

Gioco tra un grande maestro e un 'piccolo fotografo' che si scambiano soggetti e ambienti, luci e ombre, colori,  simbologie e ambiguità,  creando un nuovo mezzo non più quadro non più fotografia; ma un ibrido senza confini.

Un gioco, un semplice complice gioco per ampliare il campo delle proprie visioni.

 

 

 

 

1911 - L'enigma dell'ora
 

 

 

 

 

1912-13 - Malinconia
 

 

 

 

 

1913-14 - La conquista del Filosofo
 

 

 

 

 

1914 - Gare Montparnasse
 

 

 

 

 

1914 - Canto d'amore
 

 

 

 

 

1914 - L'angoscia della partenza - 1
 

 

 

 

 

1914 - L'angoscia della partenza - 2
 

 

 

 

 

1914 - Mistero e malinconia di una strada
 

 

 

 

 

1915 - Il vaticinatore
 

 

 

 

 

1915 - Le due sorelle
 

 

 

 

 

1916 - Interno metasifico con biscotti
 

 

 

 

 

1918 - Le muse inquietanti.
 

 

 

 

 

1918 - Muse metafisiche
 

 

 

 

 

1920 - Il saluto degli argonauti partenti
 

 

 

 

 

1925 - Piazza (Souvenir d'Italia)
 

 

 

 

 

1927 - Mobili nella valle

 

 

 

Giorgio de Chirico (Volos, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978) è stato un pittore e scenografo italiano, principale esponente della corrente artistica della pittura metafisica
 
Biografia
Dopo gli studi di disegno e pittura al Politecnico di Atene con il professor Giorgio Jacobydis e dopo la morte del padre, l'ingegnere delle ferrovie della Tessaglia Evaristo de Chirico, Giorgio nel 1906 si trasferì con la madre Gemma Cervetto ed il fratello Alberto in Italia. Nel 1907 si iscrisse all'Accademia di belle arti di Monaco di Baviera dove il suo maestro aveva a lungo insegnato ed approfondì la conoscenza delle opere di artisti come Arnold Böcklin e Max Klinger e dei filosofi Arthur Schopenhauer, Friedrich Nietzsche e Otto Weininger.

Nel 1909 rientrò in Italia per visitare la Biennale di Venezia e raggiunse la famiglia che nel frattempo si era trasferita a Milano, fu a Roma e a Firenze dove si stabilì con il fratello nel 1910; dipinse in questo periodo il primo quadro metafisico, Enigma di un pomeriggio d'autunno, ispirato ad un'intuizione avuta l'anno precedente.

Nel luglio del 1911 con la madre arrivò a Parigi dove in precedenza il fratello Andrea si era stabilito per approfondire i propri studi musicali. Nel marzo del 1912 Giorgio si recò a Torino per adempiere agli obblighi del servizio militare, ma fuggì dopo un breve periodo per ritornare in Francia; quello stesso anno espose per la prima volta al Salon d'Automne e al Grand Palais e i suoi quadri furono notati dai critici d'arte. L'anno sucessivo espose al Salon des Indépendants e successivamente nel suo atelier di rue Notre-Dame-des-Champs 115 a Montparnasse. Guillaume Apollinaire recensì su L'Intransigeant le sue opere usando il termine metafisico e lo presentò a Paul Guillaume, il suo primo mercante. Il 1914 fu un anno di attività molto intensa, traslocò il suo studio in rue Campagne-Première 9, sempre a Montparnasse, luogo dove risiedevano molti artisti di diversa nazionalità fra i quali Pablo Picasso, Fernand Léger, Blaise Cendrars, Marc Chagall, Chaim Soutine, Jacques Lipchitz, Alexander Archipenko, Ossip Zadkine, Amedeo Modigliani, Ricciotto Canudo e Soffici quando si trovava a Parigi. Nello stesso anno Ardengo Soffici sulla rivista Lacerba scrisse per la prima volta in Italia dei fratelli de Chirico. Con lo pseudonimo di Alberto Savinio, nome che manterrà per tutta la vita, il fratello Andrea collaborò alla rivista di Apollinaire Les Soirées de Paris.

Nel maggio del 1915, anche approfittando dell'amnistia per la mobilitazione generale, Giorgio ritornò in Italia per arruolarsi nell'esercito con il fratello, venendo entrambi trasferiti a Ferrara. Nel 1916 e nell'anno successivo, dopo l'incontro con Carlo Carrà, tanto auspicato da Soffici, e con Filippo de Pisis, fondò assieme a Savinio la "scuola metafisica". Sempre nel 1917 entrò in contatto con Tristan Tzara e con il movimento Dada. Nel 1918 pubblicò sul primo numero della rivista Valori Plastici l'articolo Zeusi l'esploratore. Nel 1919 allestì la sua prima mostra personale della pittura metafisica a Roma che fu recensita dal critico e storico dell'arte Roberto Longhi.

« Pigliamo un esempio: io entro in una stanza, vedo pendere una gabbia con dentro un canarino, sul muro scorgo dei quadri, in una biblioteca dei libri; tutto ciò non mi colpisce, non mi stupisce poiché la collana dei ricordi che si allacciano l'un l'altro mi spiega la logica di ciò che vedo; ma ammettiamo che per un momento e per cause inspiegabili ed indipendenti dalla mia volontà si spezzi il filo della collana, chissà come vedrei l'uomo seduto, la gabbia, i quadri, la biblioteca; chissà allora quale stupore, quale terrore e forse anche quale dolcezza e quale consolazione proverei io mirando quella scena. La scena però non sarebbe cambiata, sono io che la vedrei sott'un altro angolo. Eccoci all'aspetto metafisico delle cose. Deducendo si può concludere che ogni cosa abbia due aspetti: uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l'altro lo spettrale o metafisico che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza e di astrazione metafisica, così come certi corpi occultati da materia impenetrabile ai raggi solari non possono apparire che sotto la potenza di luci artificiali quali sarebbero i raggi X, per esempio. »
(Giorgio de Chirico, Sull'arte metafisica, 1919)

Negli anni successivi scrisse importanti testi teorici e fu in contatto con André Breton, con il gruppo del Neoplasticismo olandese, con Paul Eluard e con Max Ernst. Espose a Milano, a Parigi, Torino, Firenze e Roma dove, nel 1924, conobbe la ballerina Raissa Gurievich Krol, sua prima moglie. Si trasferì di nuovo a Parigi, i suoi disegni furono pubblicati sulla rivista La Révolution surrealiste, ma l'anno successivo ruppe definitivamente con il movimento creato da Breton e Tzara; mostra personale a New York. La polemica con i surrealisti continuò a lungo, sempre in quel periodo illustrò il testo di Jean Cocteau Le Mystère Laïc. Nel 1929 pubblicò il suo romanzo Hebdomeros.

1930. In febbraio sposò Raissa, ma verso la fine dell'anno il matrimonio era già in crisi. Illustrò i Calligrammes di Apollinaire. 1931. Incontro con Isabella Pakswer (poi Far) che sposerà nel 1946. Nel decennio precedente la seconda guerra mondiate la produzione artistica fu molto feconda: impegnato in Italia, Francia e Stati Uniti, ebbe nuovi contatti e produsse una grande quantità di lavori, dalle illustrazioni di testi e riviste alle pitture murali, alle scene e costumi teatrali. Ritornò a Parigi con la sua nuova compagna nel 1939, disgustato dai "decreti per la difesa della razza" emessi dai fascisti. Durante la guerra fu nuovamente in Italia e la sua attività fu sempre molto intensa. Nel 1944 si stabilì definitivamente a Roma dove, due anni dopo, sposò Isabella Far e sistemò studio ed abitazione in Pazza di Spagna, 31.

Il secondo dopoguerra fu periodo di polemiche e di riconoscimenti ufficiali. Da sottolineare: l'interminabile diatriba sull'autenticità dei suoi dipinti, la polemica con gli astrattisti capeggiati da Emilio Vedova , l'antibiennale di Venezia del 1950. Fu nominato membro della Royal Society of British Artists di Londra (1948) ed accademico di Francia (1974). Nel 1976 fu insignito della croce di grande ufficiale della Repubblica Federale Tedesca. Nel 1952 morì il fratello Alberto Savinio. Il suo novantesimo compleanno fu festeggiato in Campidoglio a Roma dove morì il 20 novembre del 1978, le sue spoglie si trovano ora nella chiesa di San Francesco a Ripa.
 
 
L'attività artistica
« "Se durante la visita a un museo di scultura antica entriamo in una sala deserta, ci capita spesso che le statue ci appaiono sotto un aspetto nuovo. La statua eretta su di un palazzo o un tempio, ovvero al centro di un giardino o di una pubblica piazza, ci si presenta sotto diversi aspetti metafisici. Nel caso del palazzo, dove si staglia contro il cielo meridionale, essa ha qualcosa di omerico, un piacere severo e distaccato, con una punta di malinconia. Sulla piazza ha sempre un aspetto eccezionale, soprattutto se poggia su un piedestallo basso, in modo che sembri confondersi con la folla dei passanti, coinvolta nel ritmo della vita cittadina di tutti i giorni. Nel museo assume un aspetto ancora differente: ci colpisce per quel che ha di irreale.
È già stato osservato più di una volta l'aspetto curioso che riescono ad acquistare letti, armadi, specchiere, divani, tavoli, quando ce li troviamo improvvisamente dinnanzi sulla strada, in uno scenario nel quale non siamo abituati a vederli: come accade in occasione di un trasloco, oppure in certi quartieri dove mercanti e rivenditori espongono fuori dalla porta, sul marciapiede, i pezzi principali della loro mercanzia. Tutti questi mobili ci appaiono sotto una luce nuova, raccolti in una strana solitudine: una profonda intimità nasce tra loro, e si direbbe che un misterioso senso di felicità serpeggi in questo spazio ristretto da loro occupato sul marciapiede, nel bel mezzo della vita animata della città e del continuo andirivieni della gente; un'immensa e strana felicità si sprigiona in quest'isola benedetta e misteriosa contro cui si scatenerebbero invano i flutti strepitosi dell'oceano in tempesta. I mobili sottratti all'atmosfera che regna nelle nostre case ed esposti all'aperto suscitano in noi un'emozione che ci fa vedere anche la strada sotto una luce nuova. Una profonda impressione ci possono suscitare anche dei mobili disposti in un paesaggio deserto. Immaginiamoci una poltrona, un divano, delle seggiole, radunate in una piana della Grecia, deserta e ricoperta di rovine, oppure nelle prateria anonime della lontana America. Per contrasto anche l'ambiente naturale tutt'intorno assume un aspetto prima sconosciuto." Giorgio de Chirico, Statues, meubles et généraux, 1927 »

La migliore produzione pittorica di de Chirico è avvenuta tra il 1909 e il 1919, nel periodo della invenzione della pittura metafisica: i quadri di questo periodo sono memorabili per le pose e per gli atteggiamenti evocati dalle nitide immagini. All'inizio di questo periodo, i suoi soggetti erano ispirati dalla luce del giorno luminosa delle città mediterranee, ma ha rivolto gradualmente la sua attenzione agli studi su architetture classiche.

Mentre era ricoverato all'ospedale militare di Ferrara nel 1917, de Chirico conobbe il pittore futurista Carlo Carrà, con cui iniziò il percorso che lo portò a perfezionare i canoni della pittura metafisica: a partire dal 1920 tali teorizzazioni furono divulgate dalle pagine della rivista "Pittura metafisica". Le opere realizzate dal 1915 al 1925 sono caratterizzate dalla ricorrenza di architetture essenziali, proposte in prospettive non realistiche, immerse in un clima magico e misterioso, e dall'assenza di figure umane. Questa pittura sarà ispiratrice di architetture reali realizzate nelle Città di fondazione di epoca fascista, dove il Razionalismo Italiano, accanto a strutture razionaliste lavorerà anche su forme, spazi e particolari architettonici metafisici.(Portolago, Sabaudia ect.). Nei vari Interni metafisici dipinti in quegli anni oggetti totalmente incongrui rispetto al contesto (ad esempio una barca a remi in un salotto) vengono rappresentati con una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo. Compare in questo periodo anche il tema archeologico, un omaggio alla classicità reinventata però in modo inquietante: ne sono noti esempi Ettore e Andromaca (1917) e Ville romane. La figura del manichino, simbolo dell'uomo-automa contemporaneo (Il grande metafisico, 1917), gli fu invece ispirata dall'"uomo senza volto", personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio, pittore e scrittore.

Giorgio De Chirico e Sandro PertiniIn seguito, de Chirico collaborò alla rivista Valori plastici, che teorizzava una rivisitazione completa dell'arte italiana, e partecipò all'esposizione di Berlino del 1921. Ebbe un periodo di contatto con il surrealismo, con cui espose a Parigi nel 1925: le sue opere successive si segnalano per il virtuosismo tecnico e rappresentano un tributo e un ringraziamento al periodo barocco. Nel 1949-1950, de Chirico aderì al progetto della importante collezione Verzocchi (attualmente conservata presso la Pinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera "Forgia di Vulcano". De Chirico fu anche incisore e scenografo. La datazione e l'attribuzione di alcuni suoi dipinti è assai ardua, perché l'artista stesso produsse nel secondo dopoguerra repliche dei suoi capolavori del periodo metafisico.
 

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